Lettera a Babbo Natale

di Redazione 0

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Avete mai scritto una lettera a Babbo Natale? Eccone un esempio, attraverso una storiella di Veronica Balboni veramente divertente:

Lettera a Babbo Natale

Nel paese, l’ ufficio postale, tre gradini, una panca.
A terra, una busta, sgualcita, pestata, bagnata.
Un bambino si china, l’afferra e, curioso, la apre e poi legge:
” Caro Babbo Natale, io lo so che son già’cresciutella ed indosso ho il grembiule dei piatti, ma pensavo di chiederti un dono, un dono soltanto che ho meritato, alla fine di un giorno passato tra pentole, stracci e ginocchia sbucciate. Ti prego, è una cosa da poco,
ma stanotte, provando a dormire, vorrei ancora indietro tornare sognare  sì, sognare, la casa di quando, bambina, mangiavo la neve leggera, condita con mele e limone ed il pane con panna di latte, ancor caldo di stalla; vorrei riveder il mio nonno, con l’abito ‘buono’ da festa ed il grande orologio a catena, che magiche note emanava; vorrei la mia mamma, serena, ma a volte con occhi velati di pianto, che presto celava se io, nella camera, entravo; e gli amici, compagni di burle bislacche, di sassi tirati ai lampioni,di calci sferrati ai portoni, le fughe, i dispetti, le eterne promesse di sempre, con dita incrociate.’lo giuro’; ripenso alle sere di veglia, fra intrecci di paglia e di sogni, illusioni perdute, bruciate col legno nel fuoco e alla gioia del vivere insieme la vita, i racconti paurosi, le streghe, gli amori già nati, gli amori finiti, le dolci castagne rubate; rivedo il micetto impaurito,salire sul pero ed il cane, abbaiare, selvaggio;risento, ancor caro suono, la radio di legno del babbo, con grossi pomelli e canzoni ‘gracchiate’, e i pulcini, in ceste di paglia tra stracci, vicini alla stufa ben viva, in attesa di crescere forti; Domenica, a Messa, con scarpe lucenti ( un sol paio!) e un curioso cappello di paglia, con l’elastico, che il volto cerchiava, a fermarlo. L’omino del ghiaccio e il fioraio, con vecchi carretti malmessi e la tromba del ‘rusco’ suonava,
tra il ridere e correre, sberleffi e moine, il ‘gran puzzo’, passava. Ed or che son mamma, ripenso ai tesori perduti, che vorrei i miei bimbi avessero,perché i sogni nessuno li ruba, perché i sogni appartengono al cuore.

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