Il Natale: poesie di Gianni Rodari e Giovanni Pascoli

di Redazione 0

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E’ un vero peccato che oggi a scuola, molto meno di un tempo, vengono ricordati i grandi poeti e artisti italiani antichi, immortali nella cultura del Belpaese. Autori come Gianni Rodari e Giovanni Pascoli, hanno saputo ricordare il Natale con profonda sensibilità. Se i vostri bimbi, in occasione della festa, hanno imparato altri versi, provate senza far diventare la cosa un obbligo a ripetere con loro le rime di questi due componimenti:

Lo zampognaro

Se comandasse lo zampognaro
Che scende per il viale,
sai che cosa direbbe
il giorno di Natale?

“Voglio che in ogni casa
spunti dal pavimento
un albero fiorito
di stelle d’oro e d’argento”.

Se comandasse il passero
Che sulla neve zampetta,
sai che cosa direbbe
con la voce che cinguetta?
“Voglio che i bimbi trovino,
quando il lume sarà acceso
tutti i doni sognati
più uno, per buon peso”.

Se comandasse il pastore
Del presepe di cartone
Sai che legge farebbe
Firmandola col lungo bastone?

” Voglio che oggi non pianga
nel mondo un solo bambino,
che abbiano lo stesso sorriso
il bianco, il moro, il giallino”.

Sapete che cosa vi dico
Io che non comando niente?
Tutte queste belle cose
Accadranno facilmente;

se ci diamo la mano
i miracoli si faranno
e il giorno di Natale
durerà tutto l’anno

Gianni Rodari

Le ciaramelle

Udii tra il sonno le ciaramelle,
ho udito un suono di ninne nanne.
Ci sono in cielo tutte le stelle,
ci sono i lumi nelle capanne.

Sono venute dai monti oscuri
le ciaramelle senza dir niente;
hanno destata ne’ suoi tuguri
tutta la buona povera gente.

Ognuno è sorto dal suo giaciglio;
accende il lume sotto la trave;
sanno quei lumi d’ombra e sbadiglio,
di cauti passi, di voce grave.

Le pie lucerne brillano intorno,
là nella casa, qua su la siepe:
sembra la terra, prima di giorno,
un piccoletto grande presepe.

Nel cielo azzurro tutte le stelle
paion restare come in attesa;
ed ecco alzare le ciaramelle
il loro dolce suono di chiesa;

suono di chiesa, suono di chiostro,
suono di casa, suono di culla,
suono di mamma, suono del nostro
dolce e passato pianger di nulla.

O ciaramelle degli anni primi,
d’avanti il giorno, d’avanti il vero,
or che le stelle son là sublimi,
conscie del nostro breve mistero;

che non ancora si pensa al pane,
che non ancora s’accende il fuoco;
prima del grido delle campane
fateci dunque piangere un poco.

Non più di nulla, sì di qualcosa,
di tante cose! Ma il cuor lo vuole,
quel pianto grande che poi riposa,
quel gran dolore che poi non duole;

sopra le nuove pene sue vere
vuol quei singulti senza ragione:
sul suo martòro, sul suo piacere,
vuol quelle antiche lagrime buone!

Giovanni Pascoli

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