Un Lieto Natale, da Piccole Donne di Louisa May Alcott: terza parte

di Redazione 0

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Noi di Bianco Natale adoriamo questa magica festa e come moltissime persone la attendiamo per tutto l’anno. Ci piacciono, quindi, anche tutti i racconti a tema, in particolari quelli che esprimono il vero sentimento del periodo. Ci siamo quindi subito innamorati della favola natalizia della Piccole Donne, le dolcissime quattro sorelle che con la madre attendono che il padre torni dalla guerra. Nella prima e nella seconda parte vi abbiamo raccontato della preparazione dei doni di Natale e dell’incontro con la mamma e ora che succederà in quest’ultimo tratto della storia? Scopriamolo insieme:

“La sera di Natale, su una brandina che fungeva da platea, erano sedute una dozzina di spettatrici: grande era l’attesa davanti al sipario di tela azzurra. Dietro al sipario si udivano fruscii, rumori di passi, un parlare sommesso e le risatine soffocate di Amy, che era in preda ad una grande agitazione.Finalmente il sipario si alzò e cominciò la ” Tragedia musicale “. La scena rappresentava una foresta oscura: qua e là vi erano vasi di piante, un vecchio tappeto verde simulava il prato. Nel fondo vi era una grotta le cui pareti erano fatte con diverse scrivanie; la scena era resa tenebrosa da un fuoco acceso nella caverna su cui bolliva una pentola, sorvegliata da una vecchia strega. L’effetto era grande specialmente quando la strega alzava il coperchio della pentola, lasciando sfuggire sbuffi di denso fumo nero.

Dopo un attimo di pausa, Ugo, il personaggio malvagio della tragedia, entra sbatacchiando la porta, col cappello calato sugli occhi e gli immancabili stivali. Dopo aver camminato un po’ per il palcoscenico, comincia a cantare il suo odio per Roderigo, il suo amore per Zara e il proposito di uccidere il primo e di farsi amare dalla seconda.
Il sipario si chiuse tra gli applausi degli spettatori che commentarono l’opera masticando frutta candita.
Colpi di martelli risuonarono per tutto l’intervallo, ma quando il sipario si alzò, nessuno ebbe il coraggio di lamentarsi per il ritardo. Una torre si ergeva fino al soffitto, nel centro vi era una finestrella illuminata, attraverso la quale appariva Zara in un elegante vestito azzurro.
Zara doveva uscire dalla finestra, e stava per metter piede a terra, quando lo strascico della sua veste, impigliandosi nelle finestrelle, fa crollare la torre e seppellisce gli infelici amanti. Dalla platea sorse un urlo generale che presto si tramutò in una risata clamorosa mentre, dalle macerie, uscivano agitandosi due stivaloni gialli e una testolina tutta riccioli che gridava:
– L’avevo detto io! l’avevo detto!
Fortunatamente l’incidente si risolse assai felicemente.
Il terzo atto si svolge nel salone del castello dove è nascosta Agar, pronta ad uccidere Ugo e a liberare i due prigionieri. Sentendolo giungere, essa si nasconde e lo vede preparare le bevande, poi volgersi a un servo e dire:
– Porta queste bevande ai due prigionieri e di che verrò tra poco.
Ma Agar, approfittando di un momento di distrazione del malvagio, sostituisce due coppe innocue a quelle avvelenate. Il servo esce e Ugo, dopo un lungo canto, preso dalla sete beve la coppa contenente il veleno destinato a Roderigo. Dopo vari gesti e contorsioni egli cade morto per terra mentre Agar compie interamente la sua vendetta informandolo di tutto il suo operato con una bellissima romanza.
Il quarto atto rivela come Roderigo, che si credeva abbandonato da Zara, voglia uccidersi. Ma un dolce canto lo informa della fedeltà della sua amata e una chiave lanciata dentro la sua prigione gli permette di liberarla.
Il pubblico applaudì freneticamente e l’applauso sarebbe durato a lungo se non fosse accaduto uno strano incidente. La branda su cui erano seduti gli spettatori si chiuse improvvisamente, soffocando il generale entusiasmo.
Ridevano ancor tutti quando Anna entrò portando gli auguri di Buon Natale da parte della signora March ed invitando tutti ad un piccolo trattenimento. Fu una sorpresa anche per le ragazze; sapevano che la mamma avrebbe offerto qualcosa, ma una cena così bella non l’avevano più veduta dal tempo della lontana ricchezza. C’erano due gelati; uno bianco ed uno rosso; torta, frutta, un vassoio di fondante e, nel centro della tavola, quattro bellissimi mazzi di fiori. Le bambine guardarono meravigliate, poi assalirono la madre di domande:
– Sono le fate? – domandò Amy.
– È il Babbo Natale! – disse Beth.
– È stata la mamma! – esclamò Meg, sorridendo felice.
– Per una volta tanto la zia March ha avuta una buona idea! – esclamò Jo improvvisamente.
– Avete sbagliato! – rispose la signora March. – Ha mandato tutto il Sig. Laurence!
– Il Sig. Laurence? Ma se non ci conosce neppure! – esclamò Meg, stupita.
– Anna ha raccontato ad una delle sue domestiche la nostra spedizione di questa mattina in casa Hummel. La storia lo ha commosso, molti anni fa egli era amico del mio babbo, ed oggi mi ha scritto un bigliettino chiedendomi il permesso di mandarvi qualche ghiottoneria, in onore del giorno di Natale. Non potevo rifiutare ed ecco qui un banchetto che certamente vi ricompenserà del pane e latte di questa mattina.
– È certamente opera del suo nipotino: è un ragazzo molto simpatico e mi piacerebbe di conoscerlo. Credo che anche a lui piacerebbe di fare la nostra conoscenza ma è piuttosto timido, e Meg non mi permette di salutarlo quando lo incontriamo, – disse Jo mentre i piatti dei dolci circolavano e l’allegria aumentava sempre.
– È un ragazzo molto educato e non ho alcuna difficoltà che facciate amicizia con lui; i fiori li ha portati lui, lo avrei invitato volentieri se avessi saputo che cosa stavate combinando lassù. Credo che avrebbe accettato molto volentieri, ma…
– Per fortuna non l’ha fatto! la recita è stato un vero fiasco, ma ne faremo delle altre e avremo occasione di invitarlo: forse potrà anche aiutarci. Non sarebbe bello? – disse Jo con entusiasmo.
– Com’è grazioso il mio mazzo di fiori! – esclamò Meg. – È il primo che ricevo!
– Sì, davvero grazioso, ma io preferisco le rose di Beth. – Così dicendo, la signora March aspirò il profumo delle rose ormai appassite che teneva alla cintura.
Beth l’abbracciò e sussurrò:
– Vorrei mandare qualche rosa anche al babbo, non credo che abbia trascorso un Natale così felice come il nostro!”

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